Tolkien e i Longobardi tra mito e leggenda
J.R.R. Tolkien fu un importante linguista e uno dei massimi studiosi di letteratura medievale della sua epoca. Fu tra i curatori dell'Oxford English Dictionary e tra il 1925 ed il 1945 insegnò lingua e letteratura anglosassone ad Oxford. Tutta la saga del Signore degli anelli è ispirata alle leggende dei popoli germanici che dal nord della Germania dettero vita alle cosiddette Völkerwanderung, le migrazioni dei popoli, che noi chiamiamo le invasioni barbariche. Questi popoli non conoscevano la scrittura, le loro leggende venivano tramandate solo attraverso la tradizione orale, lo stesso Tolkien era molto interessato non solo agli antichi Sassoni ma anche ai loro vicini Longobardi che invece occupavano la zona del basso corso dell'Elba corrispondente all'attuale Land della Bassa Sassonia.
Descritti da Tacito come una piccola nazione votata alla guerra che riuscì ad affermare il proprio spirito di libertà tra i molti popoli che li circondavano, i Longobardi mantennero attraverso i secoli questo carattere indipendente che sarà il filo conduttore che guiderà tutta la loro storia. Il quadro di una piccola ma valorosa nazione in mezzo a soverchianti nemici catturò l'attenzione dell'autore del Signore degli anelli. Dalle gesta di Agio e Ibor ed il loro esiguo schieramento contro i Vandali fino alle leggendarie vittorie dei Longobardi contro gli Eruli ed i Gepidi questo impavido popolo, per molti aspetti affine ai Sassoni, ad un certo punto era praticamente scomparso dalle cronache storiche, lasciando solo il nome alla regione della Lombardia, avvolgendo le sue origini e la sua storia di un alone di mistero. Tolkien aveva appreso dei Longobardi dalle parole di Paolo Diacono che descrisse la nascita di un vero e proprio mito circa le imprese di Alboino, chiamato Ælfine nel poema anglo-sassone Widsith, facendo riferimento ad una lunga ed antica tradizione epica e mitologica della cultura germanica che darà luogo anche al mito di Beowulf principe danese degli Scylding, ovvero i discendenti di Scyld, cioè i Longobardi.
heoldon forð siþþanEngle ond Swæfe, swa hit Offa geslog
Nel suo principale romanzo, Il Signore degli anelli, Tolkien attinge a piene mani dalla storia dei Longobardi per raccontare dei celebri cavalieri di Rohan. Nel testo usa la parola longobarda mark per identificare la loro terra, da cui anche l'origine del nome della nostra regione Marche, una parola che significa confine, frontiera, limite, identifica una terra desolata, ampi spazi di brughiera, ben rappresentata nella location neozelandese del film tratto dal libro. Ma la parola marah in alto tedesco antico significa anche cavallo, questa è una radice arcaica condivisa solo dalla lingua celtica e dalla lingua germanica (quella parlata dai barbari per intendersi) che quindi troviamo nell'antico irlandese marc, nel gallese march, nell'antico inglese mearh, nell'antico islandese marr, questi etimi sopravvivono anche nell'italiano nella parola maresciallo (marhshall) e maniscalco (marhskalk) entrambi introdotti nella lingua italiana dal longobardo marh. Ma Ecco il celebre passo nel quale Tolkien introduce i cavalieri di Rohan:
I loro cavalli erano imponenti, forti e dall'andatura decisa; i manti grigi e scintillanti, le lunghe code svolazzanti al vento, le criniere sciolte sui colli orgogliosi, si accordavano perfettamente con gli Uomini che li montavano, alti e dalle lunghe membra. I loro capelli color del lino, coperti da elmi leggeri, spiovevano in lunghe ciocche sulle spalle: i volti erano severi e gli sguardi penetranti. Stringevano lance di frassino e portavano legati alle spalle degli scudi dipinti; grandi spade pendevano dalle loro cinte e cotte di maglia brunite li coprivano sino alle ginocchia.
Ma l'interesse di Tolkien per i Longobardi non si limita al passaggio de Le Due Torri sui cavalieri di Rohan, nel suo libro The Lost Roads and other Writings, purtroppo mai tradotto e pubblicato in Italia, egli ci racconta della leggenda di Alboino, facendo così implicitamente riferimento a Paolo Diacono, inserendola in un dialogo tra Oswin Errol e suo figlio che si chiama proprio Alboino.
Mi chiedo come mai Alboino. Come mai mi chiamo Alboino?... è un nome reale, vero?" disse, "significa qualcosa o è stato inventato?" ... Allora Oswin raccontò al figlio la storia di Alboino figlio di Audoino, il re longobardo; e della grande battaglia tra i Longobardi ed i Gepidi così terribile anche per la ferocia del sesto secolo; e dei re Turisindo e Cunimondo, e di Rosmunda. "Non una storia da raccontarsi prima di andare a letto" egli disse, "che finisce con Alboino che beve dal teschio ingioiellato di Cunimondo.
Ma ecco gli stessi fatti raccontati da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum:
I Longobardi riuscirono vincitori, infierirono con tanta ira sui Gepidi che li massacrarono tutti e sopravvisse di un così grande esercito uno solo per riferire la strage. In quella battaglia Alboino uccise Cunimondo, gli tagliò la testa e ne fece una coppa per bere. Questo tipo di coppa presso di loro è detta scala e in latino patera. Insieme a una grande moltitudine di gente di diverso sesso ed età, fece prigioniera anche la figlia del re di nome Rosmunda; e morta Clotsuinda, la prese in moglie per la propria rovina, come poi sarà evidente... Pertanto, il nome di Alboino divenne tanto celebre ovunque che ancora oggi la sua liberalità, la sua gloria, i successi in battaglia e il suo valore sono celebrati in carmi non solo presso i Bavari e i Sassoni ma anche presso altri uomini che parlano la stessa lingua.
I riferimenti di Tolkien ai Longobardi non finiscono qui, sempre nello stesso romanzo incompiuto nel poema The legend of King Sheave si parla dell'antica leggenda longobarda e di quel loro mitico primo sovrano chiamato Sceafa che, magicamente giunto dalle acque su una barca assopito sopra un bica di grano, approda nell'Urheimat dei Longobardi al Nord, tornando a portare prosperità, ricchezza e gloria a quel piccolo popolo dopo un lungo periodo sterile.
In tempi antichi, dal profondo Oceano,
verso i Longobardi, nella terra abitata
che un tempo tennero tra le isole del Nord,
una nave avanzava, di legno splendente,
senza remo né albero, sospinta a levante.
Dietro a essa il sole calava a ponente,
e con fiamme accese le acque dorate.
Per Tolkien, Sceafa (antico inglese scēafa) scritto anche Sceaf (scēaf) o Scef (scēf) fu il primo mitico re longobardo. La leggenda longobarda racconta di un misterioso bambino che addormentato su una barca vuota approdò sulla terra dei Longobardi per diventarne il re ed assicurare a questo popolo un periodo di potenza e benessere ed una lunga discendenza. Questa figura del re bambino che giunge su una barca addormentato ha ispirato varie opere della letteratura nordica da Beowulf all'Edda, vi si fa riferimento anche nelle Cronache Anglo-Sassoni e nel poema scritto in antico inglese Widsith, un manoscritto in inglese antico della fine del decimo secolo nel quale un cantastorie girovago di nome Widsith racconta dei suoi viaggi nei paesi del Nord Europa e descrive i vari popoli che incontra, una sorta di catalogo delle varie genti alla fine di quello che viene definito il periodo storico dei Dark Ages. Qui elencato in una di antichi re: Sceafa Longbeardum. Nel poema di Tolkien, Sceafa una volta diventato re dei Longobardi darà alla luce sette figli maschi da cui discenderanno Danesi, Goti, Svedesi, Normanni, Franchi, Frisi, Sassoni, Svevi, Angli e Longobardi, identificando quindi in Sceafa il capostipite di tutti i popoli germanici.
È chiaro che Tolkien, non solo scrittore ma anche storico e illustre filologo, avesse studiato bene i Longobardi tanto da scrivere delle loro origini leggendarie nel racconto La leggenda di Re Sheafa conosciuto come La leggenda longobarda.
Alla riva giunse la nave, e avanzò sulla sabbia, scricchiolando sui ciottoli spezzati. Al crepuscolo, mentre il sole calava, gli uomini scesero a guardare dentro di essa. Un ragazzo vi giaceva, addormentato. Aveva un volto e membra belle, capelli scuri, pelle chiara, vestito d'oro. Gli interni della nave erano ornati d'oro; accanto a lui un vaso d'oro colmo d'acqua limpida, e alla sua destra un’arpa. Sotto la sua testa riposava un fascio di spighe, i cui steli e chicchi splendevano come oro nel crepuscolo. Gli uomini non sapevano cosa fosse, e con meraviglia trascinarono la barca in alto sulla spiaggia, sollevarono il ragazzo e lo portarono su, adagiandolo dormiente in una casa di legno nella loro città fortificata. Misero guardie intorno alla porta.
Sceofa approda alle terre dei Longobardi
addormentato su una bica di granoAl mattino, la stanza era vuota. Ma sopra una rupe alta gli uomini videro il ragazzo in piedi, con il fascio di spighe tra le braccia. Mentre il sole nascente splendeva su di lui, iniziò a cantare in una lingua sconosciuta, e ne furono colmi di stupore. Non avevano mai sentito cantare, né visto tale bellezza. E non avevano re tra loro, poiché i loro sovrani erano periti e vivevano senza guida. Così presero il ragazzo come loro re e lo chiamarono Sheaf; e tale nome è rimasto nella memoria attraverso i canti. Il suo vero nome era celato e dimenticato. Egli insegnò agli uomini molte parole nuove, arricchendo il loro linguaggio. Insegnò loro il canto, la poesia, le rune, l’agricoltura e l’arte del creare; e durante il suo regno le foreste oscure arretrarono, vi fu abbondanza e il grano crebbe rigoglioso sulla terra; e le case degli uomini, scolpite e decorate, si riempirono d’oro e di tessuti sontuosi. La gloria di Re Sheaf si sparse lontana e ampiamente nelle isole del Nord. I suoi figli furono molti e belli, e si canta che da essi vennero i re degli uomini del Nord dei Danesi e degli Angli, dei Danesi dell’Ovest e degli Ostrogoti. E nel tempo dei Signori di Sheaf vi fu pace nelle isole, e le navi viaggiavano disarmate da terra a terra portando tesori e merci preziose. E si narra che si potesse gettare un anello d’oro sulla strada e che sarebbe rimasto lì fino a quando chi l’aveva gettato non fosse tornato a riprenderlo.Quei giorni furono chiamati nei carmi gli anni d’oro, mentre il grande mulino di Sheaf era ancora custodito nel santuario dell’isola del Nord; e da quel mulino veniva grano d’oro, e non vi era mancanza in tutti i regni.Ma giunse il tempo, dopo molti anni, in cui Sheaf radunò i suoi amici e consiglieri, annunciando che sarebbe partito. L’ombra della vecchiaia si era posata su di lui (dal lontano Oriente), e desiderava tornare là da dove era venuto. Vi fu grande lutto. Ma Sheaf si adagiò sul suo letto dorato e sembrò addormentarsi in un sonno profondo; e i suoi signori, obbedendo ai suoi ordini mentre ancora comandava e aveva voce, lo posarono in una nave. Giaceva accanto all’albero maestro, alto e con le vele d’oro. Tesori d’oro, gemme, vesti fini e stoffe preziose furono disposte accanto a lui. Il suo stendardo dorato sventolava sopra la sua testa. Così fu adagiato con ricchezze maggiori di quando era giunto tra loro; e lo spinsero al largo, e il mare lo accolse, e la nave lo portò senza guida lontano, verso l’estremo Occidente, oltre ogni vista e pensiero degli uomini. Nessuno sa chi lo accolse, né in quale porto si concluse il suo viaggio. Alcuni dissero che la nave trovò la Via Diritta. Ma nessuno dei figli di Sheaf percorse quella via, e molti, in principio, vissero a lungo; ma sotto l’ombra dell’Oriente furono posti in grandi tombe di pietra o in tumuli verdi come colline; e la maggior parte di queste tombe era vicino al mare occidentale, alte e ampie sulle spalle della terra, da cui gli uomini le possono scorgere mentre guidano le navi tra le ombre del mare.
Nessun nome di un qualsivoglia re longobardo di nome Sceaf è citato nelle cronache storiche, eppure è proprio col nome di re Sceaf che comincia la genealogia dei re Sassoni occidentali d'Inghilterra, i sovrani del Wessex, quando un monaco scoprì che Sceaf era il figlio di Noè nato sull'arca e così nelle Cronache Anglo-Sassoni tracciò la genealogia di re Giorgio V fino ad Adamo: Questo riferimento a Sceaf significa che l'autore sapesse bene che i Longobardi discendessero da Sceaf o almeno ascoltò dei racconti che lo affermavano, Sceaf è il mitico civilizzatore dei popoli che abitavano le coste del Mare del Nord ritenuto il fondatore che insegna ai popoli barbari di cacciatori-raccoglitori l'arte di lavorare la terra e con questo stabilisce un nuovo ordine regale. La bella storia di Sceaf della tradizione orale germanica si è preservata fino ai nostri giorni per merito di due storici anglo-latini rispettivamente del decimo e dodicesimo secolo: Ethelwerd e William di Malmesbury.
Il loro resoconto coincide col prologo di Beowulf da cui sappiamo che la storia fu proprio così.
Egli [Sceafa] giunse quando era ancora un fanciullo su una barca senza equipaggio nell'isola di Scandza e fu trovato addormentato dalle genti di quell'isola con la testa poggiata su una bica di grano tutto circondato da armi. Quella gente lo crebbe fino all'età adulta finché egli diventò il reggente degli Angli nella terra di Sleswig. Quando arrivò alla fine dei suoi giorni e morì molto anziano fu rimesso sulla barca ricolma di armi e tesori e rimandato in mare per tornare nel luogo da cui era venuto così come egli aveva stabilito.Nel seguente passo riferito all'anno 854 d.C. che è tratto dalle Cronache Anglo-Sassoni, abbiamo invece tutta la genealogia dei re sassoni del Wessex che fanno risalire la propria discendenza dal mitico re Sceaf dei Longobardi e da questi addirittura a Noè.
Quest'anno, i pagani per la prima volta rimasero per l'inverno sull'isola di Sheppey. Nello stesso anno, il re Ethelwulf consacrò un decimo delle sue terre in tutto il regno per onorare Dio e per la propria salvezza eterna. Lo stesso anno, inoltre, si recò a Roma con grande sfarzo e vi soggiornò per dodici mesi. Al suo ritorno, Carlo, re dei Franchi, gli diede in sposa sua figlia, chiamata Giuditta, affinché fosse la sua regina. Dopo questo, tornò al suo popolo, che fu lieto di accoglierlo; ma circa due anni dopo il suo soggiorno presso i Franchi, morì, e il suo corpo riposa a Winchester. Regnò per diciotto anni e mezzo. Ethelwulf fu il figlio di Egbert, Egbert di Ealhmund, Ealhmund di Eafa, Eafa di Eoppa, Eoppa di Ingild; Ingild era il fratello di Ina, re dei Sassoni occidentali, che resse quel regno per ventisette inverni, dopodiché andò a San Pietro, dove morì. Essi erano i figli di Cenred, Cenred di Ceolwald, Ceolwald di Cutha, Cutha di Cuthwin, Cuthwin di Ceawlin, Ceawlin di Cynric, Cynric di Creoda, Creoda di Cerdic, Cerdic di Elesa, Elesa di Esla, Esla di Gewis, Gewis di Wig, Wig di Freawine, Freawine di Frithugar, Frithugar di Brond, Brond di Balday, Balday di Woden, Woden di Frithuwald, Frithuwald di Freawine, Freawine di Frithuwualf, Frithuwulf di Finn, Finn di Godwulf, Godwulf di Great, Great di Taetwa, Taetwa di Beaw, Beaw di Sceldwa, Sceldwa di Heremod, Heremod di Itermon, Itermon di Hathra, Hathra di Hwala, Hwala di Bedwig, Bedwig di Sceaf; che era il figlio di Noè, che nacque sull'arca di Noè: Laznech, Methusalem, Enoh, Jared, Malalahel, Cainion, Enos, Seth, Adamo il primo uomo, e nostro padre, che è Cristo. Amen. Poi i figli di Ethelwulf salirono al trono: Ethelbald regnò sul Wessex, mentre Ethelbert prese il Kent, l'Essex, il Surrey e il Sussex. Ethelbald governò per cinque anni. Alfredo, il terzo figlio, fu mandato da Ethelwulf a Roma; e quando il papa udì della morte del padre, consacrò Alfredo come re e lo accolse sotto la sua protezione spirituale, questo fu il desiderio di Ethelwulf e il motivo per cui lo aveva mandato laggiù.
Bibliografia:
- W.D. Asmus, "Niedersachsen Heimat der Langobarden : Sonderausstellung : Urgeschichtsabteilung Landesmuseum Hannover ab 8. Oktober 1956", Landesmuseum Hannover;
- Paolo Diacono, "Storia dei Longobardi", San Paolo;
- Raymond Wilson Chambers, "Widsith: A Study in Old English Heroic Legend" Cambridge University Press, 1912.
- J.R.R. Tolkien, "The Lost Road and Other Writings", edited by Christopher Tolkien  (History of Middle Earth Volume Five), 1987.
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