I ruoli apicali nella società longobarda



La società longobarda era caratterizzata da una rigida struttura che si articolava in diverse figure chiave che permettevano ad una élite numericamente assai modesta di controllare una vasta estensione di territorio e di popolazione.

Il Duca: i Longobardi erano caratterizzati da una monarchia elettiva, l'elezione del re veniva fatta attraverso l'assemblea del popolo riunita in armi Gairethinx per acclamazione battendo le lance contro gli scudi, generalmente il candidato era un Duca, un condottiero militare appartenente alle famiglie della nobiltà longobarda come i Letingi, i Gausi, i Beleos, gli Anawas, gli Arodingi. Molti re longobardi furono quindi precedentemente duchi come nel caso di Desiderio ultimo re dei Longobardi che fu duca di Tuscia prima della sua elezione a rex dei Longobardi.

L'Arimanno o Ardemanno: letteralmente uomo temerario, italiano ardito. Il fulcro della società longobarda erano le famiglie di guerrieri organizzate in Fare: famiglie allargate che comunque avevano una base in persone legate tra loro da vincoli di parentela. Le Arimannie erano una sorta di veri e propri clan di guerrieri che avevano il controllo militare su una porzione di territorio anche molto vasta. Gli Arimanni avevano la facoltà di partecipare all'assemblea pubblica del popolo in armi detta Gairethinx e di votare per acclamazione battendo la lancia sullo scudo i vari provvedimenti che venivano presi in esame. L'Arimannia era un istituto del diritto longobardo che prevedeva che il bene (hangaratungi, estensione terriera) della consistenza di 4 mansi fosse trasmissibile ereditariamente ma non alienabile, come si evince ancora in documenti del XI secolo relativi a contenziosi ereditari, le Arimannie erano beni di proprietà dei nobili il cui godimento era trasmissibile per via ereditaria "cum armannis postis adque ereditariis", in un documento del ferrarese del 1017 secolo si parla espressamente del privilegio signorile sulla "terra arimannorum" col significato di "terra degli Arimanni". All'Arimannia erano sempre legati degli obblighi pubblici, oltre agli obblighi militari e di difesa gli Arimanni dovevano provvedere al mantenimento del bene concesso in loro usufrutto, manutenendo le strade, riparando i ponti, sistemando muretti a secco e regolando i corsi d'acqua ecco quindi che si arrivava ad un controllo del territorio molto capillare che con poche risorse permetteva di mantenerlo in buono stato. Prevista nell'Editto di Rotari una delle mancanze più gravi per gli Arimanni, punibile con la pena di morte, era lasciare passare il nemico per il proprio territorio di competenza senza dare battaglia: "Coloro che avevano cospirato contro il re, lasciato nemici andare liberi per il loro territorio, avevano disertato o si erano ammutinati erano puniti con la morte."

Gli Arimanni rimasero in auge anche in epoca carolingia poi dopo l'anno mille con lo sviluppo urbano e la crescita d'importanza delle città persero progressivamente il loro status socio-economico andando a formare quel nucleo dal quale si formerà la nuova classe mercantile della nascente libera impresa. In Italia le ultime attestazioni dell'Arimannia si ebbero nel Friuli.
Gli Arimanni non appartenevano alla nobiltà propriamente detta erano una vera e propria casta organizzata in clan familiari (Sippe) di cui rimane testimonianza nell'onomastica barbarica italiana, furono tra i primi a poter utilizzare un patronimico per distinguere gli appartenenti al clan introducendo l'uso del cognome che sarà poi esteso anche alle famiglie meno abbienti a partire dal XIII secolo. In Italia le famiglie di Arimanni sono riconoscibili dal cognome come nel caso del noto Armani della moda e nei suffissi patronimici latinizzati in -tius (genitivo, figlio di) che segue l'ipocoristico del nome del capostipite della famiglia. I patronimici arcaici delle famiglie di Arimanni sono tra i più antichi cognomi italiani precedenti al VII secolo.
Con lo sviluppo dell'italia comunale e delle successive signorie, sull'Arimannia calò rapidamente il velo dell'oblio. Nel XIII secolo un certo Birbisio de' Portis avrebbe scritto un trattato: "Della nobile Armania" del quale però non è rimasta alcuna traccia.

Molto scaramantici gli Arimanni avevano eletto a loro protettore il santo guerriero San Michele.

Il Gastaldo: il Gastaldo dal longobardo gastald (preposto) era una persona di fiducia del re che amministrava una porzione di territorio vasta corrispondente circa alle odierne provincie con poteri civili, giudiziari e militari. In particolare il Gastaldo doveva curare le curtis del re nella sua giurisdizione. In Toscana gastaldati erano insediati a Luni, Pistoia, dove ancora oggi sorge la centrale Piazza della Sala ove aveva sede la curtis domini regis, Volterra, Siena e Arezzo. La figura del Gastaldo ebbe lunga durata attraversando tutto il Medioevo: nel codice "Magna derivationes" del 1200, Uguccione da Pisa fa riferimento alla figura del gastaldeus col significato di "rector loci". All'Arsenale di Venezia i gastaldi erano i preposti delle confraternite di operai navali ancora in auge nel XVIII secolo come si legge in un documento del 1753 con la gastaldia di tal Francesco Zanotto. Per molti versi questa figura è analoga a quella dello "Steward" normanno ricalcandone per molti aspetti i compiti.

Lo Skuldhais: gli Skuldhais, dal longobardo skuld, debito + haitan, chiamare, ossia colui che chiama, impone il debito, italiano volgare sculdascio, erano nel regno longobardo i giudici di prima istanza dei borghi rurali addetti alla riscossione delle imposte e alla risoluzione delle piccole controversie, avevano anche un'inquadramento militare. Sul territorio il luogo deputato alla riscossione della tertia sul raccolto era la Sala, la fattoria rurale longobarda, che ha lasciato la sua eredità linguistica nella toponomastica di moltissimi luoghi sparsi nelle zone rurali di tutta l'Italia.

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