Antiche famiglie toscane: gli Altoviti

 Il blasone della famiglia Altoviti è così censito presso l'Archivio di Stato di Firenze all'interno della Raccolta Ceramelli Papiani dei blasoni della famiglie toscane: "Di nero, al lupo rapace d'argento, talvolta armato e lampassato di rosso".

Il simbolismo del lupo bianco è duplice: da un lato è legato all'idea della luce e all'apollo iperboreo (λύκος), dall'altro il lupo esprime anche una forza primordiale e selvaggia, lo scatenarsi di forze elementari in rivolta al centro di tutte le tradizioni nordiche.

Le origini di questa antichissima schiatta fiorentina si rifanno agli albori della conquista dell'Italia da parte del popolo nordico dei Longobardi ovvero ad un certo Tebalduolo che seguì Alboino nell'avventura della conquista italiana nel 571. Dell'ascendenza longobarda degli Altoviti si disse certo il genealogista Luigi Passerini che nella sua "Genealogia e storia della famiglia Altoviti" (1871) li fa originari del Valdarno Superiore dove la famiglia deteneva vasti possedimenti terrieri e adducendo tale ascendenza all'origine germanica ed in particolare longobarda dei nomi propri degli antichi progenitori di questa casata, infatti il Passerini sostiene che proprio i nomi propri che si tramandano di generazione in generazione spesso ripetendosi sono uno dei più chiari indizi per determinare l'ascendenza di una famiglia, si pensi ad antichi nomi certamente di origine germanica quali Corbizzo, Gollo, Tebaldo, Leuchi, Longobardo, Scorcia, Guinizzingo, Gherardino, Oddo. Sebbene anche Giovanni e Giovanna furono nomi che ricorrono spesso in questa casata e sappiamo come i Longobardi fossero legati al culto del Battista (vedi post), patrono della città per volere della regina Teodolinda.

Del loro stanziamento in Firenze si ha notizia certa con un documento del 28 novembre 1153 allorquando un certo Corbizzo figlio di Gollo e nipote di Tebaldo, assistette alla donazione della sesta parte di una una piazza e di una torre posta nel sobborgo dei SS. Apostoli, che Burnetto di Tebalduolo e Mazzabecco suo figlio fecero a Cennamo e Guerruzzo figli di Folle (Foglia) e a Pelagallo e Brandello di Soldo, ricevendone il launechildo di una crosna equivalente a 100 lire lucchesi. Il documento richiama il launegildo (launegild nella lingua longobarda) un istituto del diritto longobardo contenuto nell'Editto di Rotari, una sorta di compensazione per lo scambio di beni tra soggetti privati, il diritto longobardo infatti non prevedeva la donazione che veniva vista come un indebolimento del patrimonio fondiario della famiglia. Tutto il diritto longobardo è incentrato sulla conservazione del patrimonio tipica di un popolo che ricordiamoci era una esigua minoranza rispetto alla totalità degli abitanti della penisola.

La fondazione della Chiesa dei Santi Apostoli e Biagio, una delle chiese più antiche della città chiamata anche " il vecchio Duomo", viene fatta risalire a Carlo Magno ed al suo soggiorno fiorentino del 786 quando, per placare l'insofferenza della città nei confronti del duca longobardo Gudibrando, nominò Scrot, un suo fedelissimo, primo conte franco di Firenze. In effetti una targa posta sulla sinistra della facciata di questo edificio romanico non dissimile da una pieve rurale ne ricorda la fondazione avvenuta dinanzi al mitico monaco guerriero Turpino già arcivescovo di Reims dal 774 al 795. All'interno della chiesa sono conservate le schegge del Santo Sepolcro che Pazzino de' Pazzi riportò dalla prima crociata e che sono legate alle celebrazioni pasquali fiorentine ed alla tradizione dello scoppio del carro.

Certo è che il loro imponente fortilizio detto "il Palagio" era proprio nel borghetto sulla riva destra dell'Arno nei pressi dell'unico ponte, accanto alle antiche Terme romane dove adesso c'è la piccola Piazza del Limbo con la Chiesa dei Santi Apostoli e Biagio di cui la famiglia deteneva il patronato. Lì probabilmente già sorgeva una torre di avvistamento longobarda che poi è stata innalzata attorno all'anno mille per diventare la torre campanaria della chiesa. Quella prioria era il fulcro della Firenze longobarda dove c'erano anche altre famiglie di questo popolo come i Baldovinetti e gli Judi di cui ancora oggi si scorgono i basamenti delle possenti torri su un lato dell'Hotel Berchielli. Sono moltissime a Firenze le proprietà che fanno capo a questa nobile famiglia longobarda.


Molti sono i sepolcri degli Altoviti presenti all'interno della chiesa tra queste quella di Francesco Altoviti di Cornelio


Guardando all'elenco della cariche è certo è che questa famiglia ebbe un ruolo di primo piano nella vita pubblica della città, infatti non è raro trovare il loro stemma impresso su alcuni dei più bei palazzi fiorentini:

  • vari consoli e Anziani al Comune;
  • 11 gonfalonieri di giustizia dal 1282 al 1530;
  • 107 priori di Libertà alla Repubblica dal 1282 al 1530;
  • 61 dei XII Buonuomini dal 1329 al 1524;
  • 67 dei XVI di Compagnia dal 1323 al 1529;
  • 11 Senatori del Granducato dal 1546 al 1736;
  • 6 Cavalieri Professi dell'Ordine di Malta, 2 dell'Ordine di Santiago;
  • 14 Cavalieri di Giustizia;
Ritratto di Bindo Altoviti, Raffaello


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