Il guerriero pitto

Una delle popolazioni più enigmatiche dell'Europa atlantica a cavallo tra l'ultimo scorcio della storia antica e l'Alto Medioevo sono i Pitti. Nel contesto della storia delle isole britanniche i Pitti rappresentarono uno dei punti più alti di arrivo della civiltà indigena conservando l'autonomia ai margini della conquista romana alla quale opposero una fiera resistenza formando la prima vera e propria nazione barbara indipendente. La storicità dei Pitti comincia nel 297 d.C. non è chiaro se i Pitti fossero aborigeni del Neolitico del Nord delle Isole britanniche o fossero giunti con le immigrazioni dei cosiddetti Bell Beakers (cultura del vaso campaniforme) indoeuropei, oppure fossero un'ibridazione dei due gruppi ancestrali, fatto sta che anche l'elemento linguistico non è chiaro, sembra infatti che il gaelico San Columba di Iona nella sua opera di evangelizzazione delle Highlands occidentali necessitasse di un interprete per parlare con loro re Bruide che convertì al cristianesimo. Anche Beda il venerabile spiega inequivocabilmente come nella Britannia ci fossero quattro ceppi linguistici distinti tra loro: quello celtico, quello gaelico, quello inglese e quello pitto.

Non si è concordi neanche sull'etnonimo Pitti, anche se è opinione diffusa una derivazione dal latino pictus per la ragione che questi guerrieri avevano l'abitudine di dipingersi il corpo con motivi azzurri prima degli scontri, ma la parola pictum non viene mai usata dagli storici latini per descrivere i tatuaggi dei Celti. Nell'Alto Medioevo i Pitti sono attestati come Pettr in antico norvegese, Poetha in antico inglese, Pechts in antico scozzese, tutti sembrano variazione di un nome tribale originario ormai perduto di cui anche il latino potrebbe essere l'origine. In realtà i Romani chiamarono Caledonii la bellicosa confederazione di tribù celtiche che abitavano il Nord della Britannia, le cui continue scorrerie portarono alla costruzione del Vallo di Adriano ma non si parla mai dei Pitti fino al 297 d.C. A tal proposito circolano delle storie mitologiche che vorrebbero i Pitti discendenti dai cavalieri sarmati presenti nelle legioni imperiali la cui partecipazione alle campagne in Britannia è attestata da fonti storiche: nel 175 d.C. Marco Aurelio manda 5.500 Alano-Sarmati in Britannia per combattere i Caledoni al Vallo d'Adriano, il loro comandante si chiamava Artorius (sic!). Forse una leggenda ma in ogni leggenda si racchiude una quota di verità: la diffusa pratica presso i Pitti di porre dei sassi a comporre un tumulo, chiamato cairn, sopra la tomba dei guerrieri caduti in battaglia non è un uso celtico né gaelico, ma era invece frequente presso gli Sciti: il kurgan scita era un tumulo funerario per inumare i feretri della propria aristocrazia e sappiamo come le abitudini funerarie dei popoli siano molto conservative. La discendenza dei Pitti dagli Sciti giustificherebbe anche la divergenza linguistica, la loro lingua potrebbe quindi essere indoeuropea ma di ceppo iranico.

Kurgan scita
Clava Cairn - Inverness

Quando i Pitti si preparavano alla battaglia si ponevano accanto allo stendardo del clan, molte delle famose steli dei Pitti erano in realtà degli emblemi di guerra ed è quindi possibile che tali emblemi fossero anche riprodotti su degli stendardi che venivano portati in battaglia. Per la preparazione alla battaglia era di particolare importanza il ruolo dei bardi che incoraggiavano i partecipanti ad emulare le gesta dei loro ancestori e allo stesso tempo dovevano schernire il nemico.

La disposizione dei guerrieri era la seguente: davanti a tutti il guerriero più forte del clan provocava il nemico con la sua abilità e il suo grido di battaglia, a questo punto il guerriero che spesso indossava una pelle di cane o di lupo come si evince dalle steli di pietra rinvenute si immedesimava nel suo spirito guida, probabilmente l'uso di sostanze psicotrope e di abbondante birra unito allo stress della situazione innescava un processo di trasfigurazione ed il guerriero era come guidato nella battaglia da un'entità superiore. Sembra che i norvegesi abbiano appreso queste tecniche proprio dai Pitti che avevano affrontato più volte nelle loro scorrerie per i loro più conosciuti Berserker.che servivano proprio a terrorizzare il nemico.



Forte era il legame col cane, in particolare con cani di grossa taglia come il levriero scozzese, scottish deerhound che era utilizzato sia per la caccia di grossi ungulati che per la guerra. L'uso di questi cani è attestato su una terracotta romana del I secolo ritrovata presso Argyll e in una stele del VII secolo raffigurante una caccia al cervo. La proprietà di questi grossi cani era riservata solo alla nobiltà.
Molti dei nomi che noi oggi associamo come scozzesi sono in realtà di origine pitta, per esempio Angus, Bili, Kenneth, Donald, Duncan, Hugh, Malcom,  Ronald, Bryden, e molti altri che non sono pronunciabili. Il cognome Alpin è pitto e significa montagna.  Nelle forme più arcaiche era 'Ailphin', poi fu 'Elphin', e poi 'Alpin.'

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